Dalla Paura di Sbagliare… alla Voglia di Rischiare – Parte II

La “ricetta d’oro” per non fare errori.

Forse è troppo presto per dare questa risposta, o forse no. La ricetta d’oro per essere sicuri di non commettere errori è… non fare nulla! Una presa in giro, una provocazione, o solo senso pratico? Molti di noi hanno certamente sentito il detto “Chi non fa non sbaglia”. E che fare con l’insuccesso? In fondo basta non provare a fare cose nuove, non imparare nulla di più di quello che si sa, non modificare mai niente nelle nostre mansioni lavorative o non uscire di casa, e non dovremo averci a che fare, no? E per chi è abituato a fare e a vincere e a rifiutare la sconfitta? Che farne dell’insuccesso?

Forse capire il tipo di rapporto che abbiamo con l’insuccesso rappresenta una chiave importante e pratica per capire come affrontare l’errore e la paura di sbagliare che, a meno che non optiamo per la costosa possibilità di starcene completamente immobili, ci capiterà di incontrare.

Sono le nostre convinzioni sul mondo a guidare le nostre azioni. Ma le nostre credenze non corrispondono al mondo, come diceva il filosofo e psicoterapeuta austriaco Paul Watzlawick, sono solo immagini del mondo, sue rappresentazioni. Alcune potenti credenze radicate in molti di noi si attivano al momento dell’insuccesso e fanno sì che ci sentiamo bersagli della disapprovazione sociale e ci auto-percepiamo come “falliti”.

 

L’errore di scambiare una parte per il tutto: un singolo errore riassume una persona.

Vorhaus la chiama falsa associazione: “Aver deciso, fuorviati, che la nostra barzelletta non avrebbe funzionato, ci porta a pensare che se non piace la nostra barzelletta, non piacciamo neanche noi”. L’energia per questi pensieri pare sprecata, per l’autore, quando ci ricorda che “Le persone non stanno a preoccuparsi di come appariamo noi. Sono troppo occupate a preoccuparsi di come appaiono loro”.

L’errore che facciamo spesso potrebbe essere considerato come retorico, cioè quello di considerare una parte per il tutto in maniera ingiustificata: una malriuscita sineddoche (quella figura retorica che crea una relazione quantitativa tra due elementi, come ad esempio “scafo” per nave, anche se il primo rappresenta solo una parte della seconda). Così, considerare negativa la nostra intera persona al posto di una nostra singola azione è un grossolano errore di generalizzazione: è come confondere la pallina di un’urna con l’urna intera. Al compimento di un’azione errata, automaticamente e inconsapevolmente, a volte c’è chi categorizza negativamente la persona che ha fatto un errore come persona “fallita”. Questo non è un modo utile di classificare, come vedremo tra poco.

Sia chi sta ancora facendo la gavetta, sia chi è tanto abituato a vincere da temere un insuccesso, si può chiedere distruttivamente “Perché ho sbagliato? Perché sono così meschino?”. Oltre all’errore di generalizzazione in cui a un’azione giudicata sbagliata corrisponde una persona sbagliata, le domande così formulate nascondono un’altra insidia che può non favorire il nostro percorso di crescita. Per il famoso formatore americano Robert Dilts le domande “perché”, applicate agli errori umani, ci fanno focalizzare sul problema senza aiutare molto a risolverlo, al contrario delle domande “come”, che aiutano la nostra creatività ad uscirne, allargando la nostra visuale e costruendo immagini del mondo diverse su cui poter operare. In questo caso la domanda più produttiva sarebbe “come correggere la rotta?”, oppure “come posso fare in modo che questo errore mi sia utile?”, o similmente “cosa posso imparare da questo sbaglio?”…

tra una settimana circa l’ultima parte.

5 thoughts on “Dalla Paura di Sbagliare… alla Voglia di Rischiare – Parte II

  1. Condivido per esperienza diretta che la miglior cosa contro la paura di sbagliare è agire! inoltre altro granchio credo sia quello del giudizio chi stabilisce se ciò che ho agito è giusto o sbagliato, il giudizio è sempre soggettivo e pertanto credo che il movimento e l’assenza di pregiudizio ci può aiutare a non ascoltare la paura ma ciò che veramente vogliamo….

    • Sono d’accordo con te Sergio, agire è la risposta…ma penso che per agire senza paura, bisogna prima fare uso della creattività..uno degli strumenti migliori che abbiamo a disposizione!!! Dunque, per perdere la paura di sbagliare, secondo me, bisogna avere la capacità di vedere noi stessi 2 passi dopo..mi spiego meglio: vederci arrichiti degli insegnamenti dello “sbaglio” che, col segno di poi (bel modo di dire italiano) era neccesario e utile passare per quella esperienza..che tra l’altro, è unica ed irrepettibile.

  2. Stiamo dimenticando le emozioni? mi pare si analizzi l’uomo come se fosse un computer ma l’uomo possiede le emozioni che non sempre consentono di agire come si ritiene debba essere…

    • Gentile Serena, grazie del commento.
      Son d’accordo con te, le emozioni non ci “lasciano” agire sempre come vorremmo. Emozioni e sentimenti hanno significati diversi per ognuno di noi, e le teorie sulle emozioni sono complesse e varie. Tra gli studiosi, Schachter e Singer sostenevano che l’esperienza emozionale è il risultato di un’attivazione fisiologica e di un’attribuzione cognitiva (il riconoscere l’emozione provata e chiamarla col suo nome). Per lo psicoterapeuta Vinicio Masoni a diverse letture cognitive di una stessa situazione possono corrispondere emozioni diverse.
      La metafora dell’uomo come computer neanche a me sta molto simpatica. La mente non corrisponde al cervello, ma opera anche grazie a quel substrato fisico, molto più complesso di una macchina e in continua plastica evoluzione. I chip computano e immagazzinano dati, ma non sono vivi, dinamici, in trasformazione continua, generanti nuove proteine. George Herbert Mead sosteneva che una mente è fatta da almeno due cervelli in interazione. In questo caso, la mente sarebbe pure più complessa del cervello, perché non situabile e risultante anche da fenomeni e dinamiche sociali e contestuali.

    • con l’azione le emozioni cambiano, perché capita spesso che se incominci a fare qualcosa che prima ti faceva paura poi finisce che ti piace e sei contenta di farla, come parlare con sconosciuti, nuotare, ballare… gli esempi sono infiniti

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