Prima parte.
“La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade”.
Aldous Huxley
Immaginate un mondo in cui le brutte figure sono apprezzate. Immaginate un mondo in cui le persone non si vantano delle avventure che hanno vissuto, ma delle figuracce che hanno fatto, gonfiandole ed esagerandole.
Magari in quel mondo non esisterebbe la vergogna, oppure la si proverebbe per motivi diversi da quelli per cui la proviamo noi (magari per non avere fatto molte brutte figure!).
Il rapporto con gli errori e gli spettatori.
Che forma ha la minaccia? Com’è nata? Da bambini esploravamo l’ambiente, e poi magari abbiamo toccato la caffettiera e ci siamo scottati. Quindi la caffettiera è diventata una minaccia, e abbiamo imparato a starne lontani. Come ci poniamo di fronte agli errori? Evitiamo i contesti in cui possiamo sbagliare per non scottarci più? Che cosa ci ha scottato? Quello che pensiamo di noi, o quello che pensano gli altri?
Prepararsi all’infinito per rimandare la sfida con la brutta figura.
A volte per evitare una brutta figura, o una scarsa performance in un compito in cui non ci sentiamo abbastanza allenati o in cui abbiamo degli spettatori che percepiamo come giudicanti o esigenti, possiamo utilizzare come strategia di difesa l’evitamento. Evitiamo quindi la situazione che ci mette nella condizione di provare ansia da prestazione. Il poeta Fernando Pessoa diceva: “Porto le ferite delle battaglie evitate”. L’evitare una situazione stressante o minacciosa fa star bene al momento, ma nel futuro ci porta a rimpianti. Avendo evitato certi contesti e situazioni abbiamo anche perso molte occasioni per crescere, migliorare, conoscere gente nuova, avanzare professionalmente, etc. Forse sono i rimpianti le “ferite” di cui parlava Pessoa. Rimandare all’infinito una cosa che dobbiamo fare, quindi, non è la strategia migliore, anche perché più evitiamo, più diventa vero nella nostra mente che quell’evento è minaccioso, piuttosto che un’opportunità che possiamo cogliere.
A volte cerchiamo all’infinito informazioni su come fare bene una cosa, per sentirci pronti, leggendo magari articoli e libri. Però anche questa è una forma spesso mascherata di “rimandite”, dato che non avremo mai la quantità giusta di teoria per sentirci bravi in qualcosa. Ci sentiremo bravi solo dopo aver fatto della pratica. L’atto di acquisire teoria finché non siamo esperti ci fa cadere in un circolo vizioso che non ci porterà mai a far pratica.
Lao Tzu: “rispondi in maniera intelligente anche a chi ti tratta stupidamente”.
A volte evitiamo di metterci alla prova in certi compiti e situazioni perché abbiamo paura di ricevere critiche che possono farci male. Magari ne abbiamo avuto esperienza, e un certo giudizio forse non ha fatto chiudere occhio a qualcuno di noi in una qualche notte della nostra vita. Però anche qui possono esserci diverse opportunità. :
Potremmo certamente subire le critiche e i giudizi pesanti, sentendoci delle vittime inermi, impossibilitati a difenderci da queste situazioni in cui siamo incappati per sfortuna
Però potremmo anche sviluppare la capacità di “incassare” le critiche degli altri, e allenarci nel dare meno peso ai loro giudizi, in modo che le critiche con l’allenamento non ci faranno più male. Dalle risposte che diamo ai giudizi degli altri gli facciamo capire che peso gli attribuiamo. Se rispondiamo con stizza, con dispiacere o piagnucolando chi ci ha trattato “stupidamente” può sentire di essere superiore, o di avere colto nel segno, o di avere potere su di noi. Ma potremmo rispondere anche come chi non è rimasto intaccato per nulla, e farci scivolare addosso le critiche improduttive. Se pensiamo che in realtà è l’altro in difetto perché ha delle scarse abilità sociali nel momento in cui si prende la libertà di criticare pesantemente qualcuno mancando di tatto, allora possiamo avere una lettura della situazione diversa e rispondere in un modo che ci fa apparire più adattati e meno indifesi nella situazione. Quindi possiamo dare il giusto peso a certe parole, e cioè un valore basso, e rispondere agli “stupidi” esibendo l’abilità di cui difettano, cioè la buona educazione.
… giovedì prossimo l’ultima parte…