Le parole che conquistano il cuore…

“Ci vuole coraggio per alzarsi a parlare. Ci vuole coraggio anche per sedersi ed ascoltare”

Winston Churchill

 

Quali sono le parole giuste da dire in una determinata interazione? Quali quelle più persuasive ad un colloquio con un nuovo cliente? Quali per un claim vincente per un prodotto? Che cosa interessa di più alla gente?

 

Di che cosa ha bisogno la gente?

Ognuno di voi conosce diversi dei propri bisogni. Non sempre si riesce a verbalizzarli con chiarezza, anche quando se ne ha un’idea. Si parla anche dei bisogni latenti, cioè quelli di cui non si è pienamente consapevoli e si scoprono in determinate situazioni. Qualcuno vi vorrà convincere che avrete bisogno del suo aiuto per individuarli. Altri riferendosi a persone pensanti e possessori di libero arbitrio preferiscono parlare di desideri e di consapevolezza. Lo psicologo statunitense Abraham Maslow ha ideato una gerarchia dei bisogni umani, divenuta famosa, rappresentati da una piramide a cinque livelli. Alla base ci sarebbero quelli fisiologici e di sicurezza, mentre al terzo e al quarto quelli di appartenenza (amicizia, affetto) e di stima. Il fatto che questi siano bisogni o desideri, o la bontà delle teorie scientifiche di riferimento, in questa sede non ci interessa. E’ innegabile comunque in ogni tempo e cultura che questi due aspetti sono tra i più importanti per le persone. E’ più facile soddisfare questi aspetti lodando sé e il proprio prodotto, facendo notare che la nostra azienda è la numero uno e facendo sentire gli interlocutori piccoli e meschini, oppure informandosi su ciò che aiuta la gente a percepire il vostro affetto e la vostra stima, che siate un venditore, volontario, pubblicitario o imprenditore? Nel campo del giornalismo, qualcuno ha detto molti anni fa che ciò a cui si interessa di più la gente è se stessa.

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La bellezza è nella cura che ci metti

“La bellezza è negli occhi di chi guarda”

Johann Wolfgang von Goethe

 

Fate quel che vi piace, quel che per voi è bello. Ma è un’esperienza solo vostra?

Una foto o un’altra opera d’arte (o un prodotto) sono belle di per sé, per una qualità estetica indiscutibile e naturale, immodificabile nel tempo e indipendente dall’osservatore? Oppure tale qualità non ne può fare a meno, e dipende da esso? Per molti bellezza e gusto dell’osservatore sono termini inscindibili.

Nel film “Lezioni d’amore” il professore protagonista di una storia d’amore con una ragazza di molti anni più giovane di lui dice: “Guerra e pace potrebbe essere modificato dalla nostra sola lettura? Beh… sì, certo, ma perché? Perché noi portiamo qualcosa al libro… portiamo noi stessi. Per di più se leggerete il libro tra dieci anni sarà diverso, perché voi sarete diversi…”. Così, quando abbiamo un’idea, creiamo un prodotto, realizziamo un servizio fotografico, possiamo negare di avere in mente uno spettatore, un interlocutore, ed è per lui o lei, o almeno anche per l’altro questo sforzo e questa passione?

Quando un uomo guarda una donna negli occhi e l’aria si accende di elettricità, è solo l’effetto di una caratteristica estetica oggettiva? O accade perché ella risponde allo sguardo accettando intenzionalmente una comunicazione, che altrimenti non si svilupperebbe? E allora la bellezza può essere qualcosa di più che una caratteristica ferma ed estetica, ma un valore in quello sguardo reciproco che può chiamare in gioco anche la vita intera delle due persone uniche che interagiscono, che influenza di per sé ciò che ognuno va a guardare e come, e ciò che va a trovare.

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Non puoi aprire il mio cancello

Non possiamo cambiare gli altri, ma solo noi stessi.

 

“Nessuno può convincere un altro a cambiare. Ciascuno di noi è custode di un cancello che può essere aperto solo dall’interno. Noi non possiamo aprire il cancello di un altro, né con la ragione né con il sentimento” – Marilyn Ferguson.

 

Lei brontola perché lui si isola, lui si isola perché lei brontola: è sempre colpa dell’altro!

Quando c’è un contrasto o un conflitto, tra partners o tra amici o colleghi, spesso si ragiona nei termini di ragione e torto (e l’altro ha in genere torto, visto che io ho ragione!). Questo modo di ragionare è facilitato dalla credenza in una sola verità assoluta, piuttosto che dall’evidenza che ci sono tante verità relative quanto i punti di vista degli interlocutori. Ognuno ha sempre un po’ ragione dal suo punto di vista, ma la logica della ragione e del torto netti allontana l’intesa comunicativa invece che aiutare a dialogare.

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