Cosa vuole la gente?

Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici”

Antoine de Saint-Exupéry

 

Cosa serve alla gente?

Dal 1912, il grande formatore Dale Carnegie teneva corsi a New York sulla comunicazione efficace nel lavoro e in pubblico. Si rese conto pian piano che più che di retorica le persone avevano necessità di imparare l’arte di convivere col prossimo nelle situazioni quotidiane, di imparare ad avere contatti e relazioni sociali. A più di cent’anni di distanza, pare che le cose non siano cambiate nei loro termini generali. Ancora di più in un momento di crisi economica, riesce meglio nella vita e nel lavoro chi ha quel valore aggiunto che si trova nelle capacità relazionali, rispetto a chi non le ha.

 

Oggi come ieri: bravi al lavoro, e con le persone?

Molte persone sono competenti e abili sul lavoro. Professionisti pieni di talento nella propria materia, possono però spesso avere difficoltà a promuoversi. Mentre capita che persone professionalmente più “modeste” sappiano intessere più relazioni commerciali e realizzare risultati lavorativi che i primi non riescono a spiegarsi. Tornando ancora a Carnegie, da una ricerca della sua fondazione nei primi decenni del novecento emerse che anche nelle professioni più tecniche il successo finanziario era dovuto per il quindici per cento a conoscenze di settore e per l’ottantacinque per cento a doti umane e relazionali. Stupisce non poco quanto le evidenze di un secolo fa siano ancora così attuali.

 

Di cosa ha bisogno l’individuo: la piramide di Maslow.

Dalle ricerche dello psicologo americano Abraham Maslow emerse la famosa piramide dei bisogni umani, composta da cinque livelli. Alla base ci sarebbero quelli essenziali per la sopravvivenza, quelli fisiologici e di sicurezza. Al terzo e al secondo posto quelli di affetto e di stima, e in cima quello di autorealizzazione. Dando per assodato il primo, per soddisfare i tre bisogni centrali del prossimo è necessario innanzitutto avere la sua fiducia, nel lavoro come nelle relazioni interpersonali in generale. Come diceva il leggendario venditore e scrittore Frank Bettger, il modo migliore per conquistare la fiducia del prossimo è meritarsela, attraverso il proprio comportamento e le proprie abilità umane. Che non sono innate, ma si possono coltivare.

 

Le abilità sociali e la condivisione.

Ieri come oggi, online e offline, interrogarsi sui bisogni altrui ci aiuta a entrare pienamente in relazione con loro. La condivisione è un aspetto che oggi acquista sempre maggiore importanza, tanto che nei social media è uno dei concetti più discussi e incentivati. Non si tratta però solo di moda. Condividere è un gesto evoluto col quale si sottolinea l’importanza non dei propri bisogni, ma di quelli comuni. Si possono condividere con gli amici degli spaghetti e una bottiglia di vino, o se si è un’azienda delle informazioni e servizi utili per gli utenti, ma si può condividere anche il proprio tempo con gli altri dedicandogli attenzione e ascolto. Provate a focalizzarvi sulla condivisione questa settimana se vi va, e fateci sapere com’è andata.

 

 

… a giovedì prossimo…

 

I segreti del successo?

“Chi non riesce ad accettare una sconfitta, non riuscirà mai a vincere”

Winston Churchill

 

Ci sono scorciatoie per il successo? Molti ne parlano e vendono i loro “segreti” in libri o video-corsi.

Forse in fondo i segreti per il successo li sappiamo tutti. Costanza, determinazione, non avere paura di fare fatica e qualche sacrificio, saper timbrare il cartellino anche più tardi dell’orario se serve. Il resto probabilmente sono dettagli.

Scorciatoie temporali.

Per riuscire a risparmiare tempo, a volte forse bisogna investirne un po’. Organizzarsi bene il tempo richiede tempo per farsi delle tabelle di marcia con i propri obiettivi e una scala di priorità. E  tempo per valutare i risultati, l’efficienza della propria organizzazione, riaggiustare il tiro su obiettivi e priorità. E tempo per provare nuove strategie di gestione del tempo.

Obiettivi realistici e in positivo.

Il modo migliore per deluderci è porci degli obiettivi troppo ambiziosi. La probabilità di non realizzarli sarà alta, e quasi sicura la nostra delusione. Non saremo stati poco bravi nel compito, ma nel porci l’obiettivo. Non bisogna rinunciare del tutto a un dato obiettivo, ma se è il caso diamoci più tempo o spezzettiamo in obiettivi più raggiungibili. Come diceva Einstein: “se un problema è grosso, fallo a pezzi”. Inoltre pare che il cervello non distingua le entità in negativo. E’ sempre meglio porsi gli obiettivi in positivo. Evitiamo il desiderio di non sbagliare, che ci può far focalizzare sugli errori, ma poniamoci l’obiettivo di riuscire.

Ispirarsi ma non imitare.

Ci dicono da sempre di osservare i modelli di eccellenza. Il che è utilissimo. Però ispirarsi ai grandi non vuol dire fare le cose esattamente come loro, ma solo imparare quello che possiamo e poi mettere in pratica sviluppando il nostro stile personale.

Il rapporto con gli errori e gli insuccessi.

“La vita non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade”, diceva Aldous Huxley. Quindi possiamo rinunciare perché abbiamo fallito, e non provare più. Sicuramente non provare di nuovo ci eviterà un altro insuccesso, ma anche la possibilità di realizzare il nostro obiettivo. E’ utile imparare a considerare gli errori come opportunità per quello che ci insegnano, e integrare tale insegnamento nei nostri successivi tentativi.

Ti meriti di dire la verità? Sulle bugie bianche.

Tempo fa ad un seminario di autostima sorse il tema delle “bugie bianche”, ovvero quelle bugie che si dicono per non fare stare male il nostro interlocutore.

Ne nacque una discussione accesa, che durò un bel po’. Il pomo della discordia era se una persona con una buona autostima, una comunicazione efficace e una prospettiva assertiva avrebbe detto o meno le bugie bianche.

L’argomento era interessante e i partecipanti non sembravano mollare la presa, dunque demmo spazio alla discussione.

Da una parte alcuni sostenevano che una persona con una buona autostima si pone in rapporto positivo con gli altri, e riesce a dare anche notizie sgradite con il dovuto tatto per non provocare nell’interlocutore una reazione troppo spiacevole.

Dall’altra ribattevano che dire sempre e solo la verità può causare nell’interlocutore un certo malessere nel caso in cui l’informazione tocchi tasti sensibili. Dunque la persona che mira ad un buon rapporto con l’altro strategicamente mente per farlo sentire a suo agio, per proteggerlo da notizie dolorose e per mantenere una relazione positiva.

I primi, contrari alle BB, ammettevano che in alcuni casi la verità può essere spiacevole per il nostro interlocutore, ma che sta a noi rivelargliela e aiutarlo a gestire le sue emozioni. Questo atteggiamento, alla lunga, dicevano che paga in quanto spinge l’altro a “crescere” e a migliorare la propria gestione delle emozioni. In più il rapporto si fortifica basando le radici sulla fiducia e sulla sincerità.

I secondi, quelli favorevoli, asserivano che proteggere l’altro da una emozione negativa è più importante che cercare di farlo crescere, specie se nel contesto non vi sono possibilità di affrontare la questione in modo approfondito.

Durante la discussione sono stati fatti vari esempi da entrambe le parti. Uno mi ha colpito particolarmente: il caso di un figlio che mente sulla destinazione di un viaggio di lavoro al genitore anziano e ansioso. Nello specifico un uomo “avvicina” la meta della trasferta per non fare preoccupare il padre. E’ un ottimo esempio a favore delle BB: che vantaggio strategico avrei a dire la vera destinazione, lontana centinaia di km e caotica, sapendo che l’anziano si  preoccuperà e vivrà in modo agitato il periodo della trasferta? Non è meglio eleggere a meta del mio viaggio un tranquillo paesino a poche decine di km?

La fazione degli avversi mise l’esempio sotto una diversa luce: non è che magari mento sulla destinazione non perché non voglio fare preoccupare il parente anziano ma perché non ho voglia di ricevere decine di telefonate ansiose? E non ho voglia di doverlo rassicurare aggiornandolo periodicamente sulla situazione del traffico? E non mi sento in grado di aiutarlo a gestire (e superare) queste preoccupazioni (peraltro tipiche negli anziani)?

Il cambio di punto di vista fu interessante e convincente: messa così la BB sembra la scappatoia per chi non è in grado o non ha voglia di gestire il vissuto dell’interlocutore. Non protezione dell’altro, ma protezione di noi stessi e della nostra incompetenza. Come dire che solo i più “bravi” si meritano di dire la verità.

I favorevoli, impressionati, riuscirono poi a citare esempi in cui effettivamente il contesto non aiuta a gestire la situazione, come quando c’è poco tempo a disposizione, o ci sono degli estranei presenti. Arrivarono a fare ammettere ad alcuni “avversari” che in questi casi la BB è uno strumento utile per gestire la situazione nell’immediato, salvo poi chiarire la propria posizione in futuro.

Ho riportato quanto scritto perché sono curioso: ti è mai successo di dire una bugia bianca? In che contesto? Come ti sei sentito? E il tuo interlocutore? Pensi che la tua autostima abbia influito?

Scrivi quello che ti è successo, mi piacerebbe approfondire l’argomento.

A presto,

G. Petrucci

PS: sto riflettendo e a breve scriverò anche sul tema contrario: ci meritiamo la verità?

Le scorrettezze sono sempre quelle degli altri?

Il giudizio sulle nostre e sulle altrui azioni quotidiane

 

“Le cattive azioni degli uomini vivono nel bronzo, mentre quelle virtuose le scriviamo sull’acqua”

William Shakespeare

 

Nell’avere a che fare con gli altri, siamo imparziali osservatori, oppure tendiamo a classificarli e a spiegare le loro azioni con una certa tendenza? Siamo capaci nelle interazioni di riconoscere le nostre responsabilità e le attenuanti dell’altro, o tendiamo a fare il contrario?

La differenza tra attore e osservatore nell’attribuzione di caratteristiche.

Quando osserviamo e valutiamo i comportamenti delle persone, di solito tendiamo ad attribuirli alle loro qualità permanenti piuttosto che a fattori che riguardano la situazione. Lo psicologo sociale Luciano Arcuri ha fornito l’esempio di quando guidiamo l’automobile. Le scorrettezze degli altri ci sembrano stabili, mentre le nostre sarebbero situazionali.

Viene da pensare che vi sarà la tendenza a giudicare più negativamente l’attore osservato che noi stessi, che in quella particolare situazione possiamo avere una giustificazione contestuale. E’ facile allora avere una scusa per sé (oggi sono molto stanco), e un’etichetta per attribuire una caratteristica stabile agli altri (è una persona maleducata, è un pirata della strada, etc.).

Contine reading

La vendita al tempo della crisi

Ne sento parlare in continuazione da amici, parenti, conoscenti, clienti, fornitori, radio, tv, giornali e passanti. Ne sono un po’ stufo. Di sentirne parlare e non capire. Quindi mi sono messo a fare domande del tipo: “cos’è per te la crisi?”, “come te ne sei accorto?”, “cos’hai notato di diverso?”.

Ognuno ha la sua risposta. Molte persone si focalizzano sul “perché” o sul “chi”: di chi è la colpa, perché siamo arrivati a questo, etc… Francamente adesso non mi interessa rispondere a questo genere di domande. Magari in futuro, quando ne saremo usciti. Ora voglio capire COME sono cambiate le cose e COME posso fronteggiare la situazione.

Vi espongo brevemente una serie di risposte che mi hanno fatto riflettere.

Ispirare grande fiducia.

“I clienti non si fidano più, hanno paura di prendere una fregatura, di incappare in uno squalo”.
Giustissimo: ci sono meno soldi nelle tasche quindi prima di fare un acquisto ci si pensa non due ma dieci volte. Oltretutto in un clima economico “freddo” come questo si sono moltiplicati gli “squali”: venditori disonesti che promettono cose che sanno di non potere mantenere per gabbare il cliente.
Molti di noi ci sono cascati (me compreso). Ma come reagire? La risposta che mi hanno dato alcuni venditori e commessi è di dare la possibilità di fidarsi: innanzitutto non mentire o confondere le idee al cliente. Dargli il tempo e lo spazio per riflettere. Fargli capire che possono fidarsi di noi, del nostro prodotto, della nostra azienda, ma senza dirglielo esplicitamente. Ricordiamo che chi dice di non essere ubriaco probabilmente lo è.

Patti chiari amicizia lunga, ovvero: meglio una gallina domani che un uovo oggi.

“Sempre più spesso i clienti si sono informati su internet delle caratteristiche dei prodotti e fanno domande molto tecniche e specifiche, al punto che a volte mi mettono in difficoltà”
Inutile arrampicarsi sugli specchi se poi veniamo facilmente smascherati: ammettiamo i difetti del prodotto o la nostra ignoranza. Se siamo a conoscenza di un problema diciamolo. Se non ci ricordiamo una caratteristica del prodotto ammettiamolo, invece di pensare: “Magari fingo e mi va bene. Magari non se ne accorge”.
Se compra il prodotto e a casa si accorge della magagna ci siamo giocati il cliente per sempre. E anche tutti i suoi amici. Un mio esempio personale: qualche tempo fa ho acquistato una linea telefonica voip + adsl da una delle maggiori compagnie. La venditrice mi ha garantito che avrei potuto usare i miei due telefoni fissi, come facevo prima. Alla prova dei fatti non è così. Quella compagnia non mi ha più rivisto, e neanche i miei amici. Se mi contattate vi dico qual è.

L’abbattimento dei prezzi: la concorrenza dei cinesi e dell’e-commerce.

“I clienti vengono da noi a chiedere informazioni e consigli, poi se ne vanno e comprano il prodotto online o dai cinesi.”
Non ho nulla contro i commercianti online o dell’estremo oriente. Fanno il loro lavoro e lo fanno bene. Tanto che spesso ci “rubano” i clienti. Ma come fanno? Come facciamo a recuperare la misura persa? Cosa possiamo offrire che loro non offrono? Si tratta di ridurre ulteriormente i prezzi a nostra volta o potremmo dare qualcosa in più?
Un possibile servizio aggiuntivo può essere l’assistenza post vendita: in molti forum su internet troviamo lamentele sui vari negozi online: per le spedizioni ritardate, per gli imballaggi danneggiati, per la non corrispondenza con le immagini sul sito, etc. Un problema molto sentito è ottenere il rimborso o il prodotto corretto. Noi siamo in grado di fare meglio? Probabilmente sì: è il nostro lavoro e ci mettiamo la faccia. Cerchiamo un rapporto umano con il cliente e non un semplice clic, cerchiamo di farci in quattro per risolvere i problemi.
Facciamolo notare al prossimo che ci chiama o ci visita. Cerchiamo veramente di fare la differenza, di offrire vere garanzie di problem solving a chi ha deciso di servirsi da noi. E se comunque fa il furbetto e va a comprare online… allora in bocca al lupo a lui! (Mi raccomando la comunicazione efficace: non insultiamo i nostri concorrenti e siamo cortesi anche con chi poi compra altrove!)

Ho raccolto altre risposte interessanti, che posterò man mano… Se nel frattempo vuoi commentare o raccontare la tua esperienza come venditore o come cliente ne sarei felice.

A presto!

Giovanni Petrucci