Passione per il lavoro: “C’eravamo tanto amati” o energia rinnovabile?

“Se ami quello che fai, non sarà mai un lavoro”

Confucio

 

La passione per la propria attività ha una sua data di scadenza? Finirà prima o poi, e allora sarà una noia e non vedremo l’ora di andare in pensione o cambiare attività? Oppure è possibile un “ritorno di fiamma”?

Un’altra questione sorge: nel momento in cui la passione si esaurisce o l’energia iniziale che avevamo pare diminuire, è possibile promuovere la nostra attività in maniera altrettanto credibile e convincente come quando eravamo maggiormente carichi di aspettative ed entusiasmo?

Il formatore Dale Carnegie consigliava agli oratori di scegliere argomenti che stavano loro a cuore. In quest’ottica, se vogliamo rendere viva la conversazione con un uditorio e appassionarlo, è utile scegliere di parlare, tra tanti argomenti che conosciamo, di quelli che amiamo e delle questioni importanti per noi. Cosa cambia se le parole non sono espresse a voce ma scritte? Non ne potete sentire l’intonazione, l’intensità emotiva, la velocità naturale dell’emittente, perché la velocità di lettura la fate voi. Però la passione per l’argomento trasuda anche dalle righe di un testo. E se tale passione manca, ci si potrebbe chiedere allora, come potete interessare i vostri interlocutori?

Non avere più niente da dire può essere una tragedia per l’attività di molti. Si potrebbe andare incontro alla noia, e i nostri interlocutori potrebbero sorbirsi parole grigie e stanche.

E allora è il momento di cambiare mestiere? O c’è un modo per rinnovare il nostro fuoco?

Forse una risposta possibile viene da Carnegie, che suggeriva ai venditori di non smettere mai di documentarsi su un dato prodotto per rinnovare continuamente la propria passione. Questa parrebbe una ricetta plausibile quando la noia per ciò che facciamo sopraggiunge, o una buona pratica da coltivare durante tutto il corso della nostra attività.

Rinnovare le competenze può essere un altro modo per uscire dall’immobilità e dalla monotonia. Con le parole del pittore e poeta inglese William Blake: “aspettati veleno dall’acqua stagnante”, il che può essere applicabile all’arresto delle informazioni e delle competenze, nonché dell’apertura mentale.

Passare di ruolo all’interno di una struttura gerarchica può essere un’altra sfida o esperienza stimolante. Una marcia in più quando siamo esperti su qualcosa è la prova dell’insegnamento, che chiama in causa anche abilità relazionali e comunicative, nonché l’empatia per immedesimarsi nei sentimenti e nelle esigenze dell’altro che apprende e va incontro al mutamento attraverso l’apprendimento. Inoltre, come insegnava al grande venditore Frank Bettger il suo parroco quando questi si dichiarò non abbastanza preparato per insegnare catechismo ai ragazzi della sua parrocchia, il dover insegnare qualcosa fa imparare meglio e più in fretta quella materia, a livelli più profondi e con più senso critico.

Perseguire nuove idee, cercare nuovi modi di proporre la propria attività, o modi diversi di attuarla e una diversa organizzazione, possono mettere in gioco le nostre abilità creative e stimolarci.

Cercare nuove sfide, nuovi mercati, nuovi problemi da risolvere, altrettanto può rinnovare l’assetto della nostra attività, la nostra curiosità e la nostra voglia di scoprire e meravigliarci.

Un’altra frontiera, quando abbiamo rivaleggiato con un concorrente su una nicchia di mercato o su una piazza, e non abbiamo più nuovi sbocchi, può essere quella di intessere nuove collaborazioni e valutare una cooperazione con il rivale, in modo da scoprire vantaggi reciproci, e forse risparmiare delle risorse per una guerra infruttuosa.

Un ultimo interessante viaggio di scoperta può essere fornito dal creare collaborazioni con professionalità diverse dalla nostra, in modo da creare insieme nuove combinazioni di servizi. Così si possono mettere insieme cervelli e provare a vedere che idee emergono in un dialogo tra un architetto e un avvocato, o un ingegnere e uno psicologo, o un economista e un giornalista.

Forse è solo l’immaginazione umana che detta i limiti ai processi innovativi del nostro fare. E, se vi piace pensarla con le parole radicali di Blake: “L’immaginazione non è uno stato mentale: è l’esistenza umana stessa”.

 

Giovanni Iacoviello

giovanni.iacoviello@gmail.com

 

Per non perderti i nuovi articoli e corsi in partenza, iscriviti alla newsletter

 

 

Lascia un Commento

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*
*
Website

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>